Correre per 21 km con un arto bionico. La sfida di Pierluigi Maggio
All’età di 26 anni ho iniziato a volgere lo sguardo verso persone resilienti e stimolanti, persone che hanno fatto della loro “disabilità” un punto di forza.
E’ attraverso lo sport che sono rinato. Lo sport da un lato ha tolto, dall’altro ha dato, inducendomi a mettere in discussione me stesso e la mia realtà, a superare alcuni limiti che credevo invalicabili, ad accedere alle mie risorse e capacità interiori.
Sono diventato, così, amante delle biografie di personaggi di successo che hanno trasformato la loro vita in un capolavoro. Biografie come quelle di Vanni Oddera, Novak Djokovic, Alex Zanardi, Loris Capirossi e tanti altri, mi ispirarono sempre più, portandomi ad uscire dalla mia zona di comfort e ad affrontare nuove sfide in ogni campo.
Sono sempre stato un grande amante dello sport. Mia madre racconta spesso che da piccolo ero iperattivo, non stavo mai fermo, non riusciva a starmi appresso!
Anche dopo aver perso il piede a 17 anni in seguito ad un incidente stradale, ho conservato questa mia caratteristica. Fu un momento drammatico, un attimo fatale in cui un’auto mi finì addosso e mi trancio’ il piede destro. Un attimo fatale in cui la mia vita fu amputata per sempre insieme ai miei sogni. Avendo anche una frattura al tallone sinistro, fui costretto sulla sedia a rotelle per sei mesi. Mi ci volle un anno per rialzarmi e recuperare tutti i muscoli del mio corpo!
Il mondo ci spezza tutti quanti, ma solo alcuni diventano più forti là dove sono stati spezzati.
(Ernest Hemingway)
Trovai comunque la motivazione per non smettere di correre. Io crescevo e per fortuna anche le tecnologie si evolvevano. Protesi migliori, più leggere e piedi sempre più sportivi e dinamici.
A 26 anni ho deciso di acquistarne una che mi permettesse di fare lunghe distanze, palestra e altre attività.
Così ho iniziato a misurarmi nelle gare locali su percorsi di 5-10-15 km.
Vi ho trovato un ambiente stimolante, ho conosciuto persone interessanti, alcune con disabilità. È proprio insieme a queste che è nata un’importante associazione sul territorio Salentino dedicata al tema disabilità e sport: “ASD Mollare Mai“, di cui sono Vicepresidente. Insieme a loro è tutto diverso.
Ognuno vede lo sport non solo come una passione, ma come una possibilità di riscatto,
come occasione per mettersi in gioco e confrontarsi con la propria condizione fisica. Ho iniziato a correre insieme a loro, con Adriano Bolognese paraplegico, Vincenzo de Pascalis tetraplegico e Stefano Petranca non vedente esperto nella corsa di lunga distanza.
Insieme a loro è diverso nel vero senso della parola :). Certo, deve far specie vedere 4 disabili correre così, in mezzo alla strada, tra cordino, handbike e sedia a rotelle, ma a noi sembra più che normale!
Ed è insieme a loro che ho deciso di andare oltre e affrontare gare del Campionato Italiano Paralimpicho. Mi sono ritrovato a correre la prima mezza, e quella più difficile, il 15 dicembre 2019. La più difficile perché è stata la prima volta che percorrevo 21km consecutivi, senza fermarmi!
È stata una grande emozione per me aver conseguito quel risultato. Ha contribuito a far crescere in me lo spirito di gruppo, ad essere persistente verso i miei obiettivi, a capire l’importanza di far parte di un gruppo stimolante, di avere disciplina e la forza di non mollare, di essere tenaci e resilienti.
Certo, da vero testardo non mi sono fermato lì. Ho puntato ad una mezza più interessante e dove sicuramente avrei trovato più rivali e più atleti disabili: la mezza di Barletta. Gara stupenda, soprattutto per il luogo, ma anche per l’organizzazione a cura dell’associazione con cui ero tesserato in quel periodo “Barletta Sportiva“.
Ho iniziato dunque ad allenarmi e seguire un piano strutturato che avevo stilato da solo. L’obiettivo ora era il tempo, volevo concluderla al di sotto delle 2 ore. Ho dovuto applicare il concetto di “mentalità vincente nello sport” come spiego in questo articolo: (come possedere una mentalità vincente)
E’ stata la gara più emozionante che io abbia mai corso. Ci fu una partecipazione massiccia, perché era organizzata a scopo inclusivo, per affiancare atleti normodotati e atleti con disabilità. Erano presenti ragazzi con diverse distrofie cognitive, chi su sedia a rotelle, chi non vedente, alcuni con qualche arto amputato come me, insomma con le più diverse tipologie di disabilità. Lo scopo era quello di non far sentire queste persone sole e, anche solo per un giorno, farle sentire parte dello sport universale.
La gara era divisa su 3 aspetti, un percorso di 4km per chi voleva far correre e spingere tutte quelle persone con gravi disabilità e che erano su carrozzina, un altro percorso di 10km per chi voleva partecipare con una distanza più accessibile, e la gara vera e propria, per tutte quelle persone che volevano sfidarsi, mettersi in gioco e superare i propri limiti. Una giornata meravigliosa, il lungo mare di Barletta, l’antico Castello Normanno, piazze e luoghi stupendi le facevano da cornice perfetta.
“Lo sport dà il meglio di sé quando ci unisce. ”
Non erano molti i disabili che correvano la mezza. Io ero l’unico amputato di arto inferiore. D’altronde sono pochi quelli che sanno resistere cosi a lungo e sopperire al dolore.
L’ho detto, è stata la gara più difficile, ma le persone che mi passavano accanto mi incitavano a non mollare, mi trasmettevano forza e così sono riuscito a portare a termine la prova con un grande risultato.
Ho battuto il mio record! 1h:51 ben 20 minuti in meno rispetto all’altra mezza!!!
È stato davvero un buon risultato, avvalorato dal significato di quella manifestazione e da un paesaggio stupendo che solo Barletta può offrire. Sicuramente la rifarò il prossimo anno!
Adesso qual è il mio nuovo obiettivo sfidante? Correre la maratona, ma per complicarmi la vita ho scelto quella di New York, quella più difficile, quella più conosciuta, quella più stimolante!
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